L’iperrealismo è una corrente artistica che nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta del 20° secolo e si sviluppa fino agli anni Settanta diffondendosi anche in Europa.
Servendosi di tecniche elaborate e innovative, l’iperrealismo riproduce il reale in modo così perfetto che sculture e pitture sembrano vere, anche se a volte i colori forti e brillanti nascondono volti inespressivi o paesaggi inquietanti
IPERREALISMO, COSÌ REALISTICO DA SEMBRARE VERO
Nata in America alla fine degli anni Sessanta dopo l’esperienza della pop art, interessata a raffigurare le merci, gli oggetti in serie, il conformismo della vita contemporanea, la corrente dell’iperrealismo vuole imitare la realtà al massimo grado.
Gli artisti iperrealisti si servono di tecniche fotografiche e di una meccanica riproduzione della realtà per costruire l’illusionismo delle proprie tele e delle proprie sculture. Osservano e riproducono la società dei consumi con apparente distacco, a volte in modo divertito.
UNA TECNICA FOTOGRAFICA
Per poter riprodurre la realtà in maniera rigorosa gli iperrealisti si servono in genere di fotografie molto ingrandite per le pitture o di calchi dal vivo per le sculture.
Attraverso una tecnica sempre precisa, John De Andrea realizza calchi di nudi in cui non si accontenta di usare vestiti veri, ma si serve persino di capelli umani e disegna le rughe della pelle fino a riprodurre un’immagine quasi impietosa del reale.
John Kacere si serve invece di fotografie molto ingrandite e riprese da vicino per dipingere dettagli di corpi femminili e così, raggiungendo a volte risultati ironici, dipinge schiene che appaiono come paesaggi.
Non tutti gli artisti si servono delle tecniche fotografiche per riprodurre alla perfezione la realtà. Chuck Close, per esempio, nei suoi ritratti si serve intenzionalmente di fotografie sfuocate oppure costruisce i volti sulla tela accostando tante piccole tessere di colore come se creasse un mosaico: in questo modo riesce a rappresentare l’impressione di un volto anche senza riprodurne esattamente la sembianza fisica.
GLI AUTOMI DI DUANE HANSON
L’esempio più efficace di arte iperrealista è rappresentato dalle sculture di Duane Hanson. Sono figure a grandezza umana caratterizzate da colori forti che richiamano la pubblicità.
Lo scultore rappresenta turisti con la macchina fotografica al collo, colti in contemplazione di qualche monumento, e casalinghe con i bigodini in testa che spingono un carrello della spesa stracolmo.
Queste figure ripropongono la realtà opulenta americana: i personaggi sono vestiti alla moda, sono di corporatura grossa e appaiono ben nutriti.
Hanson non ritrae figure sofferenti e non vuole criticare la società contemporanea, ma solo descriverne il benessere. Eppure il virtuosismo realistico delle sculture viene smentito dai volti inespressivi, simili ad automi moderni che popolano un mondo così simile a quello vero da confondersi con esso.
IPERREALISMO, CITTÀ IN FERMENTO
Come Edward Hopper, anche gli iperrealisti dipingendo soggetti urbani diventano interpreti delle città americane.
Diversamente dalle tele silenziose di Hopper, però, dove i personaggi non comunicano e tutto appare immobile, nei quadri iperrealisti sembra quasi di sentire il rumore caotico della vita moderna, delle macchine per la strada o delle voci di chi passeggia per le vie illuminate da negozi appariscenti.
Ristoranti, negozi, cinema e teatri sono coronati da insegne luminose e si alternano ai grandi cartelli pubblicitari nell’invitare al consumo, ancora un segno del benessere raggiunto.
Richard Estes si
diverte a giocare con i riflessi delle vetrine dei negozi e dei palazzi, così che l’immagine dipinta non è solo copia di quanto osservato, ma di quanto il pittore vede riflesso sui vetri. Realtà e rappresentazione sempre più tendono a confondersi.
Ralph Goings, invece, si concentra su un solo aspetto del paesaggio urbano: dipinge nature morte moderne quando ritrae gli oggetti che si trovano sui tavoli nei tipici ristoranti americani: contenitori colorati di senape e ketchup con vistose etichette, porta tovaglioli e caraffe di caffé.
FONTE: Treccani