La rinascita fiorisce sulle rovine lasciate dall’uomo
Non tutto ciò che rimane nel silenzio assordante dell’abbandono è destinato alla morte. Allo stesso modo, in alcuni casi, il regalo più grande che l’essere umano può fare alla natura che lo ospita è proprio uscire di scena; lasciare spazio alla vita stessa che possiede una sapienza superiore a qualsiasi calcolo umano. Perché la scienza, nonostante i sorprendenti e utili apporti alla nostra evoluzione, non è mai priva di effetti collaterali.
Tutti noi sappiamo quali conseguenze l’errore umano abbia provocato, nell’ormai lontano 26 aprile 1986, con l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, quante vite siano state spezzate per gli effetti che la nube radioattiva ha portato con il suo spostamento nel proprio grembo maligno. Non tutti, però, sanno che le anime lasciate indietro dalle persone nella loro fuga verso la salvezza hanno ritrovato, nella tragedia, un nuovo inizio e la conseguente riappropriazione delle loro vite.
Ecco, quindi, che in un contesto di morte e putrefazione, deformità e radioattività, la natura si è ribellata e la sua più dolce rivincita si riscontra nel modo con cui ha bonificato quelle terre, rinnegate da chi le aveva violate e danneggiate. Il più recente avvenimento nasce dal ventre di questo luogo e riguarda i più pacifici tra gli animali, le mucche, ormai selvagge e libere di organizzarsi e muoversi senza l’intervento dell’uomo.
IL FENOMENO DELLE MUCCHE DI CHERNOBYL
Chernobyl Radiation and Ecological Biosphere Reserve, ente scientifico che nasce il 26 aprile 2016 con l’intento di monitorare la conservazione ambientale, descrive il loro cambiamento comportamentale come conseguenza diretta dell’adattamento alle nuove condizioni. Osservando, in primis, come una mandria di mucche che da oltre trent’anni pascola autonomamente mostri di apprezzare l’assenza dell’uomo, perdendo sempre di più le caratteristiche proprie degli animali da allevamento.
Le differenze si riscontrano proprio a livello di organizzazione, presentandosi come una formazione ben strutturata e dimostrandone un comportamento estremamente coordinato e armonico.
La conduzione della mandria è a carico del toro dominante, che denota un elevato grado di tolleranza verso la presenza degli altri maschi adulti all’interno dell’armento, proteggendoli dai predatori a condizione che essi non tentino né di imporre il loro dominio né di accoppiarsi con le altre mucche. Un’attenzione particolare è riservata ai più piccoli che cercano riparo e sicurezza, posizionandosi tra una mucca e un toro adulto.
E se le vostre preoccupazioni per la loro sopravvivenza si concentrano sulle temperature ostili, possiamo tranquillizzarvi perché le mandrie sono riuscite ad adattarsi anche alle più avverse condizioni meteorologiche.
LA NATURA NON LASCIA NULLA AL CASO…
Stessi comportamenti sono stati riscontrati anche in un’altra mandria selvatica, localizzata e monitorata prima vicino all’ex villaggio di Chistogalivka e successivamente in una riserva di Nuovo Shepelichi. A oggi, la riserva conta circa trecentotrentanove specie di vertebrati e i ricercatori richiedono lo status di protezione speciale per il bestiame selvatico che ospita.
Senza patire in alcun modo la mancanza dell’essere umano, le mandrie sembrano aver trovato finalmente la felicità, vivendo indisturbate in un luogo che, fino a non troppo tempo addietro, apparteneva ai loro antenati: gli Uro – nome scientifico di Bos primigenius o Bue primitivo, esemplare che ha visto la sua fine con la scomparsa nel 1627, per cause naturali, dell’ultimo esemplare femmina nelle foreste di Jaktorõw, in Polonia.
L’estinzione di questa specie fu provocata da vari fattori, tra i quali la caccia per mano dell’uomo e l’ampliamento eccessivo di terreni agricoli, che hanno cancellato territori selvatici e a causa delle malattie trasmesse dal bestiame domestico.
È bello sapere che l’armonia domina in questa parte del mondo che sembra capace di rigenerarsi e ampliarsi anche grazie alla mancanza di inquinamento, favorendo, in questo modo, la colonizzazione da parte di specie diverse che non temono la radioattività.
Seppur ancora presente, l’aspettativa di vita di questi animali, assai più breve di quella umana, non consentirebbe il formarsi di tumori.
…A CHERNOBYL NON SOLO MUCCHE
Alle mandrie di mucche, ai cani e ai gatti si aggiungono quindi cervi, aquile di mare, lontre, alci, bisonti, il lupo grigio, le donnole, le martore eurasiatiche, la volpe rossa, i cinghiali e i caprioli… giusto per citarne alcune.
Leggendo questa bella storia di resilienza e di legame tra natura e mondo animale, sorge spontanea la riflessione circa l’intervento dell’uomo e di come questi possa apprendere la lezione universale del ritorno all’equilibrio naturale proprio da quegli esseri viventi che sottovaluta e sfrutta senza scrupolo.
Un insegnamento che, appellandosi all’empatia, all’umiltà e al rispetto di ciò che non gli è mai appartenuto ma gli è stato solo concesso in prestito, potrebbe fare davvero la differenza.
Le fonti utilizzate per la stesura di questo articolo sono: kodami.it .nataleseremia.comChernobyl Radiation and Ecological Biosphere Reserve – chornobyl.istitute
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