È una domenica di sole, di quelle di inizio marzo che si stiracchiano sotto un lieve strato di neve, scaldato da un timido solicello di montagna e ti invogliano a svegliarti di buon mattino per andare a macinare chilometri in salita, sapendo che alla fine ristorerai mente e stomaco in un confortevole rifugio.
Oggi si va in direzione Valdajer, nel comune di Treppo Ligosullo, tra i monti della Carnia, in provincia di Udine, verso quello che una volta era un castello e sulla cui facciata laterale è attualmente appeso un cartello che recita “ASTA” con tanto di numero di telefono. Impossibile non farci un pensierino.
Poi vai in rifugio e tra piatti di formaggi, pasta e selvaggina opti per una polenta con contorno di porcini e un quartino di rosso della casa (bisogna sempre provare il vino della casa per primo!). Dopo aver ordinato, ti ritrovi a pensare a quanto, fino a non molto tempo fa, la polenta fosse un piatto ordinario da mangiare in famiglia, vicino al focolare, ogni dì della settimana e non soltanto durante le feste. Nei racconti dei vecchi è un alimento dalle poche pretese e dai mille proverbi che si abbina praticamente con tutto, si mangia caldo o freddo e si presta al takeaway di quando si va a far fieno, comodamente avvolto nella cjacule (fagotto).
Ti viene spontaneo chiederti se la polenta sia destinata a essere degustata nel tintinnio del servizio buono della domenica o comunque di quelle giornate di festa in cui si ha il tempo per cucinarla come si deve, in una modernità in cui le ricette rapide e svuota frigo fanno ormai da padrone. Certamente le tecniche, i gusti e le abitudini si evolvono, basti pensare a quanto si sia diffusa la polenta istantanea nelle cucine pigre di città e paesi italiani, accontentando quanti credono di salvare capra e cavoli preparando un piatto pur sempre tradizionale ma con tempi di cottura ampiamente ottimizzati. Peccato che il risultato non sia proprio lo stesso …
Ci pensa il cuoco a interrompere i tuoi pellegrinaggi nostalgici, che porta in tavola un piccolo tagliere di legno scuro su cui è appollaiata la polenta fumante e ti porge un filo. Ne afferri le estremità, le passi sotto la polenta, fai tre tagli orizzontali e tre verticali ed ecco che il pranzo è servito in cubetti gialli da accompagnare con i porcini e il vino rosso. “Miôr polente cence nue che nue cence polente” (“Meglio polenta senza niente anziché niente senza polenta”), ridacchia il cuoco, e tu chiudi gli occhi e fai il primo boccone. È calda. Sa di fuoco.
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