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sabato, 23 Ottobre 2023

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La famiglia Tempo va in vacanza

Era passata solo una settimana ma per Ludovica era stata la settimana più lunga della sua vita. E sapeva bene che questo tempo senza tempo era solo all’inizio. Le sue giornate, una volta scandite da sushi e caffè, erano diventate diapositive bruciate proiettate a ripetizione sullo schermo bianco delle pareti della sua camera con quattro finestre dalle quali lo smog aveva smesso darle il buongiorno. 
In città si respirava quella che sembrava aria pura di montagna, che altro non era che aria pulita data dalla presenza limitata di macchine e autobus, si poteva respirare a pieni polmoni senza dover prendere il treno, ma a lei questo non interessava perché i bar erano chiusi e non poteva trangugiare la sua brioche al cioccolato bianco quotidiana né bere quel cappuccino con la schiumetta così tanto instagrammabile, come le piaceva dire. 
Si era sempre lamentata di non avere tempo per fare ciò che le piaceva e questa volta non aveva scuse perché quel tempo tanto ricercato le era piombato addosso tutto in una volta, senza preavviso, le aveva fatto una sorpresa e non dava segni di voler andare via nell’immediato. Si era introdotto nell’appartamento al primo piano senza bussare e lo aveva fatto in pompa magna, come una famigliola festosa e felice di traslocare dall’altra parte del globo, carica di valigie di tutte le dimensioni che si fa fatica a trasportare in un viaggio solo. 
Rikardo Leka, acquerello e matite.
Il signor Tempo e famiglia si erano man mano presentati e le avevano detto che insieme avrebbero potuto fare prodigi: erano disposti a essere inondati di parole, letture ad alta voce, magari con la musica classica di sottofondo, da ascoltare con le finestre aperte, se non soffriva di allergie, avrebbero apprezzato anche l’esercizio fisico, il giardinaggio, un po’ d’ordine, ma anche il dolce far niente, la meditazione, lo studio, la sperimentazione in cucina, limiti non ne avevano: erano in vacanza e volevano godersela fino all’ultimo istante perché chissà quando gli sarebbe capitato la prossima volta. 
A Ludovica non piaceva l’aria naïf di quel signore che sapeva di dopobarba e la tunica trasparente della moglie la metteva a disagio perché non riusciva a smettere di pensare che fosse l’incarnazione di quella bellezza a suo dire irraggiungibile. La bambina poi correva a perdifiato per le stanze e lei avrebbe tanto voluto rimproverarla e prenderla a sberle – era casa sua, in fondo, non l’ aveva invitata nessuno!- ma si sentiva impotente e non riusciva a trovare le parole giuste.   
Si avvicinava la cena. Il signor Tempo chiese alla ragazza cosa avrebbe cucinato, mentre la moglie faceva la doccia da oltre due ore, canticchiando l’album di Norah Jones che stava ascoltando a ripetizione. Doveva ancora asciugare la chioma di capelli rossi e Ludovica pensò istintivamente alle bollette del mese, ma la preoccupazione la abbandonò in un attimo perché tanto sarebbero stati i suoi a pagarle.
L’uomo aveva consultato un sito di ricette tirolesi perché aveva letto da poco un libro ambientato in Sud Tirolo ed era curioso di assaggiare i loro piatti, uno di cucina al vapore per fare contenta la moglie che amava le ricette light e un altro di cucina greca, il perché non lo conosceva nemmeno lui, ma era rimasto talmente estasiato dalla moltitudine di colori e ingredienti nelle fotografie dei turisti che gli era venuta fame di moussaka e pita souvlaki.
Le disse poi che i supermercati erano aperti ma che, sulla base degli ultimi aggiornamenti, vi ci poteva andare solo una persona per famiglia perciò si proponeva di andarci, anche perché in quel supermercato non c’era mai stato ed era curioso di scoprire i cibi etnici e i prodotti a scadenza ravvicinata. Nel suo monologo infinito dai toni pacati ma cadenzati, Ludovica si rendeva conto sempre più di quanto le desse fastidio la parlantina inarrestabile di quell’uomo senza barba che si era autoinvitato a casa sua, con moglie e figlioletta al seguito. 
Lo guardò da dietro gli occhiali appannati ed esordì cercando di troncare drasticamente il suo entusiasmo infantile: “Io non intendo andare in nessun supermercato, né voglio che tu ci vada al posto mio, la mia cena ce l’ho già: ho appena ordinato una pizza e” diede una rapida occhiata all’orologio al polso, “mi arriverà tra quasi 25 minuti. Non ho voglia né tempo di starmene in cucina a spignattare”. 
Si morse la lingua nel pronunciare la parola tempo, ma ormai era troppo tardi. Lui le si avvicinò guardandola dritto negli occhi, a pochi centimetri di distanza. “Vedi, Ludovica, quando dici di non avere tempo stai in realtà dichiarando il falso: ne hai tanto di tempo invece, talmente tanto che forse ti sembra di non averne proprio perché quello che hai è incalcolabile che si fa fatica a stargli dietro. Così come hai avuto il tempo per riordinare gli orecchini e per disquisire con le tue amiche sui divieti imposti dal virus e su tutto ciò che avresti dovuto fare in questo mese, allo stesso modo, prima di ordinare la tua pizza, s’intende, avresti potuto censire gli abitanti del frigo e pensare a un’ipotetica cena o, in assenza totale di idee, avresti potuto fare una capatina al supermercato o chiamare tua madre per chiederle un consiglio. Le madri apprezzano sempre queste telefonate, anche se alla fine parlano solo loro, e poi, figurati, ora il tempo per sfogliare libri di ricette e scoprire blog di cucina ce l’hanno tutto”. 
In cuor suo, la ragazza sapeva che il ragionamento puntuale di quello strano personaggio non faceva una piega ma non aveva considerato un lato non trascurabile che caratterizzava buona parte del genere umano, lei in primis: la pigrizia e la mancanza di iniziativa, amiche inseparabili da millenni.
“Si dà il caso che io abbia voglia di pizza da stamattina, e non devo certo spiegarlo a te, che non sei nessuno. A pranzo ho mangiato una pasta al tonno e mi sono detta che stasera mi sarei regalata una pizza, sai, ho bisogno di fare qualcosa di bello in queste giornate tutte uguali …”. “ E perché non l’hai preparata tu? Avevi il pomeriggio libero, no?” le disse sorridendo. “Sarò pur padrona del mio tempo, o sbaglio?” inveì Ludovica. 
Lui le sorrise e prese posto vicino alla finestra. Poi si alzò, aprì il rubinetto, lasciò scorrere l’acqua, prese un bicchiere dalla credenza e lo riempì fino all’orlo. Tornò al suo posto, riassettò il cuscino, fece un respiro profondo ed esordì: “Vedi, in realtà sei una padrona apparente, che decide di essere schiava della sua stessa pigrizia. Possiedi qualcosa che ti sfugge, o meglio, che ti lasci sfuggire: l’immagine senza l’essenza. Decidere di gestire male il tempo è una decisione discutibile che porta inevitabilmente a non padroneggiarlo”. 
In quel momento entrò la moglie con un asciugamano sulla testa a mo’ di turbante. Aveva sentito le ultime parole del marito, gli si sedette amorevolmente sulle ginocchia, come in attesa di un massaggio, poi guardò Ludovica e le disse: “Parliamo tra donne: è ormai chiaro che passerai ancora settimane a casa. Hai stilato la lista delle cose da fare?”. “No”, disse Ludovica alzando gli occhi al cielo e guardando l’orologio supplicante. “Beh, pensa a tutto ciò di cui ti lamenti nella vita reale, tra impegni, appuntamenti e scadenze impellenti. Pensa a tutto ciò che hai rimandato a un tempo mentale indefinito perché nella corsa del presente non vi è tempo da perdere. Parla con te e pensa a quante cose hai regalato ai topi sin dall’infanzia, non ci crederai ma--”. 
Non fece in tempo a finire la frase che squillò il campanello che annunciava la consegna della pizza. I signori Tempo abbandonarono il soggiorno e le augurarono buona cena, dirigendosi verso il giardino condominiale. Ludovica si richiuse la porta alle spalle e mangiò con gusto la sua pizza patate e wurstel, cercando di disintossicarsi dai discorsi appena sentiti. 
Poi andò in camera e si mise a pensare ancora una volta a come sarebbe dovuto andare quel mese di marzo e iniziò uno spasmodico conto alla rovescia per la data della liberazione in cui tutto sarebbe magicamente tornato alla normalità. Aveva intrapreso una vera e propria guerra contro quel tempo che era piombato nel suo appartamento, armato di retorica e orologio, un esercito spietato che avanzava senza sosta verso di lei. 
Ora che non aveva impegni mondani né lavorativi, visto che un lavoro non l’aveva mai avuto, poteva, anzi se lo doveva, permettersi di pensare a sé e coltivarsi per poter imparare qualcosa da questo periodo di ferie forzate dalla società. La famiglia Tempo non andava mai in vacanza, l’aveva avvisata. Ma a lei non interessava. Voleva poter saltare quei giorni per riabbracciare le sue amiche vicine e lontane, bere il cappuccino al bar e andare a concerti che non avrebbe vissuto ma sarebbero stati un’occasione per ammazzare il tempo e avere qualcosa da raccontare a quelle conoscenze lontane che nella sua città non c’erano mai state. 
Il mattino dopo si svegliò tardi. Andò in cucina e vi trovò la famiglia Tempo al completo, seduta a tavola fresca e sorridente. La moglie aveva una maschera per il viso e nell’aria aleggiava un delizioso profumo di pane appena sfornato e pancake. “Ce l’hanno lo sciroppo d’acero! È nella sezione dolci, in alto sulla destra”, disse il signor Tempo, come se avesse scoperto l’America. 
La invitarono a unirsi a loro e Ludovica prese un pancake e rimase stupita di quanto fosse leggero e gustoso al tempo stesso. Poi guardò la famiglia e chiese: “Quanto vi fermerete?”. “Non ci fermiamo mai, al massimo rallentiamo”, rispose la moglie rabbuiandosi in volto. “Ok, e quando ve ne andrete?” insistette. “Quando lo saprai, non ci sarai più neanche tu”, sentenziò la bambina mentre spalmava la marmellata di lampone sui pancake.
Gloria Costante
Gloria Costante
Sono insegnante e traduttrice dall'inglese, francese, spagnolo verso l'italiano e collaboro con OpenPlanet come redattrice. Amo imbottigliare parole e sferruzzare racconti, seduta ad ascoltare storie di anziani e viaggiatori che nutrono la mia nostalgia di quelle epoche che non ho mai vissuto ma che, come in un romanzo di Proust, prendono vita davanti a me quando vengono spolverate dal silenzio del non raccontato. Amo il freddo dei romanzi russi, le montagne e il vino rosso della Carnia e la silenziosa compagnia dei miei gatti. Mi piace viaggiare con la mente e con la valigia e penso che OpenPlanet sia il posto giusto per fare tutto ciò.

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