Se passi da Genova, vai a salutare la signora delle noccioline. La troverai nel suo scialle a frange ad aspettarti all’ombra del Porticato inferiore, settore A, numero 13 del Cimitero monumentale di Staglieno, con le sue collane di nocciole e i canestrelli che un tempo vendeva nei mercati e nelle fiere di Genova e dintorni.
Caterina Campodonico – meglio nota come Cattain dae reste (Caterina delle nocciole) – nacque a Genova nel 1804, nel quartiere popolare di Portoria. Semi analfabeta, sposò giovanissima Giovanni Carpi che si rivelò presto un fannullone dedito ai piaceri del buon vino, da cui decise perciò di separarsi, scelta che, a quanto pare, le costò ben tremila franchi poiché il tribunale la accusò di aver abbandonato il tetto coniugale, pertanto avrebbe dovuto somministrare una sorta di mantenimento all’ex marito. Caterina non si scoraggiò, pagò la somma richiesta e continuò la sua vita di venditrice per le strade e le campagne di Genova, con estremo disappunto dei familiari, soprattutto delle sorelle, che la ritenevano una bocca di rosa ante litteram, troppo indipendente e spigliata.
Nel 1880 si ammalò e i parenti tutti manifestarono apertamente un interesse spregiudicato verso i risparmi che aveva alacremente accumulato nel corso degli anni, al ché l’astuta venditrice escogitò uno stratagemma impeccabile che l’avrebbe resa foscolianamente immortale.
Un giorno si recò nella bottega del famoso scultore Lorenzo Orengo (1838-1909) e gli commissionò una statua in marmo, da porre nel Cimitero di Staglieno, che la rappresentasse nella sua tenuta di tutti i giorni -grembiule orlato di pizzo, scialle a frange, gonna a pieghe, orecchini e capelli raccolti- con i suoi simboli: le collane di nocciole, portafortuna per i fidanzati, e i canestrelli.
Caterina volle seguire in prima persona quei lavori che avrebbe pagato con tutti i suoi risparmi per assicurarsi della fedeltà rappresentativa e si narra che nel 1881, una volta completato il lavoro, la donna andasse spesso a Staglieno e si mettesse accanto al suo monumento per essere ammirata dai passanti.
Dopo Orengo, fu assoldato anche il poeta dialettale genovese Giambattista Vigo (1844-1891) al quale fu affidato il compito di racchiudere la sua vita in versi da regalare alla comunità del presente e del futuro, in modo che le sue gesta potessero sfidare le insidie del tempo e l’incuria dei libri di storia dove non v’è posto per le imprese dei piccoli.
L’epigrafe recita così (segue traduzione italiana):
A sôn de vende reste e canestrelli all’Aeguasanta, a-o Garbo, a San Ceprian con vento e sô, con ægua zù a tinelli, A-a maè vecciaia pe asseguaghe un pan. Fra i pochi sodi, m’ammuggiava quelli pe tramandame a-o tempo ciù lontan mentre son viva, e son vea portolianna Cattainin Campodonico (a paisanna) In questa màe memoia, se ve piaxe voiatre che passae pregheme paxe. Vendendo collane e ciambelle All’Acquasanta, al Garbo a San Cipriano Con vento e sole e con acqua a catinelle Per assicurarmi un pane nella vecchiaia Fra i pochi soldi mettevo via Quelli per tramandarmi nel tempo Mentre son viva e son vera portoriana Caterina Campodonico (la paesana) Da questa mia memoria se vi piace Voi che passate pregatemi la pace
La signora delle noccioline morì il 7 luglio 1882 e i funerali furono celebrati in una Chiesa di Santo Stefano gremita di gente. Sembra che molti, conoscendo quell’incredibile storia, decisero di giocarsi i numeri della sua morte, chissà magari avrebbero portato fortuna come le collane di nocciole.
Ebbene, quando vagherai tra le innumerevoli arcate e gli immensi viali collinari del Cimitero di Staglieno, nell’elegante e maestoso susseguirsi di sculture ottocentesche dai nomi altisonanti o comunque appartenenti alla borghesia- Giuseppe Mazzini, Nino Bixio, Constance Mary Lloyd, solo per citarne alcuni- ecco che ti imbatterai in un’arguta popolana che, dall’alto delle collane di nocciole e dei canestrelli, incontrastati simboli delle sue ricchezze, sgretola senza mezzi termini la netta suddivisione in classi sociali allora esistente, scegliendo di essere rappresentata fieramente con ciò che produceva, secondo i canoni di composizione dei ritratti degli esponenti della borghesia del suo tempo.
E mi fa sorridere il pensiero che la signora delle noccioline si trovi nello stesso luogo in cui è sepolto Fabrizio De Andrè. Mi piace immaginarli al calar della sera, all’ombra dei portici, lui che incrocia il suo sguardo, aspira una boccata di fumo, prende il taccuino e la immortala. Ancora una volta.