Venezia e le sue specialità (quelle meno conosciute) un viaggio del cuore attraverso saporite emozioni
Fiumi d’inchiostro, acquerelli, pellicola e parole l’hanno da sempre decantata, dipinta, fotografata,ripresa e descritta quasi a volerle rubare l’anima ma lei, consapevole della sua bellezza unica e intrigante, se ne sta adagiata tra i canali, come un’affascinante dama imperturbabile e dimentica del mondo.
Venezia mi scorre nelle vene, sono muranese da parte di madre e fin dalla più tenera età le mie vacanze sono trascorse tra il Lido, le calli, i ponti e i canali di questa splendida città.
Sono stata e rimango equamente divisa tra l’amore per i tortellini di Bologna, dove sono nata, e quello per le “sepe col nero” (seppie cucinate nel loro inchiostro che si mangiano accompagnate da polenta bianca) che la mia adorata zia Lidia cucinava in modo magistrale insieme a molti altri piatti tipici veneziani.
Le papille gustative danzano ancora al ricordo goloso e agrodolce delle sue “sardee in saor”, sarde fritte poi marinate nell’aceto e ricoperte di cipolla bianca, brevettate per tener lontani i corteggiatori indesiderati….
….e la salivazione va fuori controllo al pensiero delle mitiche “frittole”, dolci soffici con pinoli e uvetta che la mia ziona preparava per me e i miei fratelli anche con 40 gradi all’ombra, immersa nell’afa umida e appiccicosa della laguna che d’estate “non scherza niente!”.
Il cibo è sempre stato uno dei mille modi che la zia usava per trasmetterci il suo amore, permettendoci inconsapevolmente di conoscere, gustare e amare la cultura culinaria storica veneziana.
Anche le passeggiate con mio padre fanno parte dell’album dei sapori d’infanzia. Penso a quando, dopo lunghi giri per calli e campielli ci fermavamo a fare uno spuntino a base di mozzarella in carrozza e tramezzini.
In tutti i bar veneziani oltre allo spritz (Prosecco, Aperol e soda) o per chi preferisce all’ “ombreta de vin”, è possibile gustare infatti un “cicheto” a base di varie specialità tipiche servite al banco; personalmente consiglio la mozzarella in carrozza veneziana, una vera leccornia assolutamente da provare.
Ripenso infine ai deliziosi pranzi arricchiti da frutta e verdura a km zero, sapientemente coltivate dai miei zii che possedevano dei terreni sull’isola di Sant’Erasmo, detta “l’orto di Venezia”.
Ogni domenica mattina d’estate, caricate le famiglie al completo sul grande barcone da trasporto, si partiva tutti insieme e una volta arrivati, mentre gli zii lavoravano nei campi, le zie preparavano la grande tavolata sotto gli alberi dove avremmo pranzato.
A fine estate si vendemmiava tutti insieme adulti e bambini, l’uva dai piccoli chicchi zuccherini era deliziosa; coglierla, per me che vivevo in città, rappresentava un’esperienza davvero straordinaria, oggi custodita nel mio cuore insieme a un po’ di nostalgia.